IL SEMINARIO "L'IDENTITA' RITROVATA"

In occasione del 150° anniversario dell'Unità d'Italia, l'Accademia di Studi Storici Aldo Moro, in collaborazione con l'Istituto della Enciclopedia Italiana e con il contributo della Fondazione Cariplo, ha organizzato un seminario dal titolo "L'Identità ritrovata" che si è svolto a Roma il 19 dicembre 2011.

Il seminario ha posto al centro della riflessione la ricorrenza del 150° dell’Unità d’Italia, la quale sembra aver acquisito un valore in parte inaspettato, andando al di là della dimensione celebrativa o dell’approfondimento culturale della storia politica e sociale del Paese. Le iniziative svolte nel quadro di questa ricorrenza hanno, infatti, rappresentato una sorta di percorso interpretativo che ha coinvolto, non solo le istituzioni politiche e culturali, ma anche ampie fasce della popolazione italiana, contribuendo a “riscoprire” l’unità nazionale e provando a dare un senso dell’identità italiana valido per il presente e per il futuro. Si tratta di un processo ancora aperto, certamente critico e problematico, ma tuttavia necessario perché la collettività nazionale possa rinnovarsi, fare le proprie scelte e darsi obiettivi comuni.

Il seminario ha offerto l’opportunità di fare un bilancio delle celebrazioni del 150° dell’Unità, soprattutto rispetto alla prospettiva, che già Moro aveva considerato fondamentale, di rilettura della identità italiana nella concretezza della vita sociale. Ciò ha comportato anche cogliere la questione all’interno di un quadro di riferimento più ampio, che comprende la dimensione internazionale, ove i problemi aperti dell’identità nazionale hanno assunto una crescente importanza negli utimi decenni.

Il seminario si inserisce in un programma intitolato “L’intelligenza e gli avvenimenti”, che, facendo anche leva su una rivisitazione di alcuni aspetti del pensiero di Moro, sta approfondendo i diversi temi connessi con l’identità nazionale, anche in una ottica comparativa, e sta indagando sulle rappresentazioni dell’Italia e degli italiani attualmente più diffuse. Tale programma si propone di trattare quelle che si possono definire le “nuove frontiere della politica”, vale a dire i processi sociali e le aree problematiche - come, appunto, quella dell’identità nazionale - che pongono questioni o generano pericoli con cui la politica deve misurarsi anche elaborando nuove strategie e facendo ricorso a strumenti innovativi.

Al seminario, presieduto da Alfonso Alfonsi, presidente dell’Accademia di Studi Storici Aldo Moro, sono intervenuti, in qualità di relatori: Giuliano Amato, Presidente dell’Istituto della Enciclopedia Italiana e Presidente del Comitato dei Garanti per le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia; Antonio Armellini, ambasciatore alla Conferenza sulla Cooperazione e sicurezza in Europa, in Algeria, in India e all’OCSE, già capo della missione straordinaria in Iraq; Sveva Avveduto, sociologa, direttore dell’Istituto di Ricerche sulla Popolazone e le Politiche Sociali del CNR; Massimo D’Alema, deputato, presidente del Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica (COPASIR), presidente della Fondazione Italianieuropei; Francesco D’Onofrio, professore ordinario di Istituzioni di Diritto Pubblico presso la Facoltà di Scienze Politiche del’Università di Roma “La Sapienza”; Umberto Melotti, professore ordinario di Sociologia politica all'Università di Roma "La Sapienza"; Daniele Mezzana, sociologo, direttore del programma “L’Intelligenza e gli avvenimenti” dell’Accademia Aldo Moro; Francesco Perfetti, professore ordinario di Storia Contemporanea presso la Facoltà di Scienze Politiche della Luiss Guido Carli di Roma; Giovanni Sabbatucci, professore ordinario di Storia Contemporanea presso il Dipartimento di Storia moderna e contemporanea dell’Università di Roma “La Sapienza”.

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Il messaggio del Presidente Giorgio Napolitano

messaggio del Presidente Giorgio Napolitano

SINTESI DEGLI INTERVENTI

PRIMA SEDUTA – LA SPECIFICITA' ITALIANA E IL CONTRIBUTO DI MORO
Gli interventi della prima seduta si sono prevalentemente concentrati sul tema dell’identità nazionale nel caso italiano. Una particolare attenzione è stata data alle specifiche dinamiche politiche e sociali che hanno contribuito a costituire tale identità nel corso del tempo e al contributo di Aldo Moro nell’interpretare, in modo originale e per molti versi anticipatorio, i temi della nazione e della patria.

 

Dopo aver letto il telegramma del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, Alfonso Alfonsi ha ricordato gli obiettivi e i contenuti del programma “L’intelligenza e gli avvenimenti” e ha suggerito quattro elementi di riflessione, facendo riferimento al pensiero di Aldo Moro. Il primo riguarda l’anno delle celebrazioni del 150°, da leggere come un percorso ermeneutico collettivo, una grande negoziazione interpretativa che ha portato a “riscoprire” l’unità nazionale, e a interrogarci sul suo significato per tutti noi oggi. Il secondo è incentrato sulla relazione tra la riscoperta di un passato condiviso e la capacità di tratteggiare nuove prospettive di progresso. Il terzo concerne l’identità nazionale come problema non solo italiano, ma globale. Il quarto ha al suo centro la possibilità di collegare l’identità nazionale alla effettiva vitalità della società italiana, in tutte le sue componenti, per affrontare i rischi e le opportunità che la sfidano.

L’intervento di Daniele Mezzana, richiamandosi alle finalità del programma “L’intelligenza e gli avvenimenti”, si è soffermato sulla raccolta e la catalogazione, tuttora in corso, di frammenti di scritti e discorsi di Aldo Moro. Si tratta di una “memoria” da interpretare, per trarre indicazioni e spunti di metodo sul tema della comunità nazionale e sull’intreccio di tale tema con altri (come la democrazia, il ruolo della politica e quello dei cittadini). Tra tali spunti se ne possono citare almeno tre, che riguardano: la patria, o la nazione come concetti “difficili” da trattare (in Italia come nel contesto internazionale); la patria in quanto legata a quello che Moro chiamava il “valore umano” (e quindi alle radici profonde della vita associata); la patria come entità connessa, non solo al passato, ma anche e soprattutto al futuro, in quanto risorsa a cui fare costantemente riferimento.
intervento di Daniele Mezzana

Nel suo intervento, Giuliano Amato ha sottolineato la capacità di Aldo Moro di cogliere fenomeni che altri non vedevano e il legame tra il pensiero di Moro e due filoni interpretativi che il 150° ha fatto emergere. Il primo è il conflitto tra l’”Italia che c’è” (quella elitaria, costruita da Cavour, che, nel 1861, appariva come l’unica possibile) e un'”altra Italia” (densa di valori sociali e politici) che resta al di fuori. Quest’ultima è stata perseguita storicamente fin dall’inizio da diverse figure politiche (ad esempio, Mazzini) come un modello migliore che non ha potuto realizzarsi e che ha teso a corrodere la legittimazione dell’”Italia che c’è”. Il secondo filone interpretativo riguarda la nozione di patria, la quale, inizialmente esclusiva, aggressiva e connotata etnicamente, nel tempo viene espulsa e poi ridefinita, in modo da comprendere l’insieme di coloro che si riconoscono in valori, ideali e destini condivisi. Moro è presente su entrambi i filoni, cogliendo i fattori di liberazione, sia dalla chiusura elitaria della patria che dalla chiusura etno-nazionalista. Il suo, come quello di altre figure nobili della nostra storia nazionale, è il punto di vista di quella parte di ”Italia che c’è” la quale sente la responsabilità di connettersi all’”altra Italia” e di includere progressivamente le diverse culture politiche, così come i ceti e le categorie sociali escluse. Questo, nella convinzione che quanto più l’”altra Italia” è esclusa, tanto più l’”Italia che c’è” è debole.
intervento di Giuliano Amato


Secondo Francesco D’Onofrio il terreno sul quale occorre confrontarsi è il problematico rapporto tra l’identità nazionale italiana e la ipotetica identità europea. L’identificazione di Stato e nazione, in Moro, tende a fare dello Stato un soggetto che è contemporaneamente entità politico-istituzionale e società nazionale. Si tratta della questione di fondo dell’identità europea. Prima del 1989, il criterio di ammissione dei singoli Stati era l’accettazione del modello democratico di tipo occidentale; poi, invece, è emerso con forza il tema della sua specificità sociale rispetto ad altre parti del mondo. Nell’identità nazionale italiana è rilevabile il tentativo di far convivere la dimensione istituzionale e politica e quella sociale, mentre nel contesto europeo questa compresenza stenta a trovare una risposta accettabile. L’”identità ritrovata” in Italia andrebbe messa a disposizione come contributo politico per la costruzione di una identità e di una cittadinanza europea non ricevuta passivamente ma costruita insieme.


Umberto Melotti ha sottolineato come il ritrovamento dell’identità nazionale sia stato un risultato non scontato delle celebrazioni del 150°, soprattutto nel confronto con quelle del 1961. Nel contesto italiano e internazionale vanno ricordati tre elementi di cambiamento: il processo di globalizzazione; il processo di europeizzazione; la trasformazione dell’Italia da paese di emigrazione a Paese d’immigrazione. Vi è stata anche una inaspettata riscoperta dell’idea di nazione, che tiene presenti tre punti fermi: la distinzione tra Stato e nazione; la riscoperta dell’antichità della nazione italiana come “nazione culturale”; la peculiarità dell’idea italiana di nazione. Oggi, infine, sarebbe importante rivedere il rapporto tra nazionalità e cittadinanza, alla luce delle questioni dell’immigrazione.
intervento di Umberto Melotti

 

SECONDA SEDUTA – I CONCETTI DI IDENTITA' E NAZIONE NEL CONTESTO INTERNAZIONALE
Gli interventi della seconda seduta hanno offerto un contributo critico sui concetti di identità e nazione, nonché sul loro significato e il loro uso nel contesto internazionale. Al riguardo è stato anche messo in evidenza il peculiare contributo di Aldo Moro al tema dell’identità, con specifico riferimento alla dimensione europea.

Antonio Armellini ha offerto un contributo in continuità con quelli della prima sessione, affermando che in Europa sono stati messi in crisi i diversi modelli di integrazione (specificamente quello francese e quello inglese), i quali erano sembrati rappresentare, a lungo, la risposta all’esigenza di dare all’identità collettiva connotati che ne riflettessero in maniera aperta e tollerante tutte le componenti. A questo riguardo, torna alla mente l’insegnamento di Moro, il quale sottolineava il valore aggiunto della ricchezza delle diverse componenti della società e vedeva nell’identità nazionale il punto d’incontro dinamico di realtà diverse e di pari dignità. Inoltre, Moro aveva ben presente la pluralità delle radici culturali dell’Europa e vedeva l’integrazione europea come processo che partisse dal basso, dai popoli, per creare una koiné di valori condivisa.
intervento di Antonio Armellini


L’intervento di Giovanni Sabbatucci ha puntato a problematizzare i concetti di identità e di nazione, di cui non è sempre chiaro il significato, anche in occasioni, come quella del 150°, in cui si è registrato un forte vincolo identitario. Il concetto di nazione contiene inevitabilmente un dato “oggettivo” (un riferimento alla nascita o al suolo). Si tratta di vivere l’appartenenza nazionale come un dato non esclusivo e non necessariamente prioritario, ma compatibile con altri riferimenti identitari (locali, religiosi, politico-ideologici, ecc.). Occorre fondare la cittadinanza su parametri non esclusivamente “nazionali” e di restituire forza all’idea di Stato come fonte e vincolo di obbligazione e come oggetto di lealtà da parte dei suoi cittadini.


Sveva Avveduto  ha messo in evidenza il fatto che l’identità è una nozione dinamica, che si evolve nel tempo e si reinventa a seconda dei diversi contesti. Al riguardo, Avveduto ha riassunto alcune conclusioni di una recente ricerca del CNR, contenuta nel volume “Italia 150 anni. Popolazione, welfare, scienza e società”. Dalla ricerca emergono i profondi cambiamenti avvenuti dal 1861 ad oggi in Italia (dal punto di vista sociale, economico, demografico – ad esempio il passare da Paese di emigrazione a Paese d’immigrazione), così come diversi problemi aperti, sul versante delle disparità sociali ed economiche, a cominciare dalle diseguaglianze di genere, soprattutto nel campo dell’accesso alle carriere pubbliche.

Francesco Perfetti ha sottolineato quanto il successo del 150° anniversario dell’Italia sia stato inaspettato, specie in riferimento alle precedenti celebrazioni dell’Unità d’Italia, nel 1961 e nel 1911, in cui si registrò una adesione della popolazione poco significativa. Si può ricordare che la nazione (distinta dalla patria e dallo Stato) diventò il concetto portante che caratterizzò il distacco dall’antico regime, e che nel Risorgimento si presentava in simbiosi con quello di libertà. L’interpretazione nazionalistica che ne diede il fascismo fece di fatto scomparire il concetto, e la parola stessa, di nazione per un lungo periodo. Ora si è superato questo blocco e si è riscoperta l’idea di nazione come la risultante di componenti diverse ma finalizzate verso un unico obiettivo generale. E’ un grande risultato, che dovrebbe essere tesaurizzato per superare l’attuale crisi politica, modernizzare il nostro assetto istituzionale e preparare un collegamento tra identità nazionale ed identità europea.


Massimo D'Alema, a conclusione dei lavori, ha sottolineato la lunga condizione di disunione dell’Italia, nata in un processo cui molti hanno contribuito, ma con un forte elemento coercitivo. Questa comunità di diversi si è cementata nella tragedia della prima guerra mondiale. Poi è stato il fascismo a nazionalizzare le masse, attraverso una cultura della dittatura e dell’autoritarismo. Anche la rinascita della patria è avvenuta attraverso una guerra civile. Moro probabilmente aveva in mente la complessità di questo processo e la difficoltà del tenere insieme questa somma di particolarismi. Nel dopoguerra, i grandi partiti sono stati uno strumento di inclusione, mediazione, negoziazione dei conflitti e di costruzione di un senso di appartenenza alla comunità nazionale. Negli anni ’90, la loro crisi ha indebolito l’unità degli italiani, ma al tempo stesso il compimento della democrazia ha fatto superare le ragioni di estraneità di parti importanti del Paese, consentendo ad esempio agli eredi del Partito Comunista e del Movimento Sociale Italiano di alternarsi al governo del Paese. Inoltre, è più forte il bisogno dei cittadini di identificarsi nelle istituzioni dello stato. Lo stato nazionale è infatti la forma con cui si partecipa al mondo globale, e la forza degli stati nazionali fa la differenza. Nel contesto europeo, in ogni caso, l’entità nazionale è portata inevitabilmente a misurarsi con il processo di integrazione. La nostra identità va vista come realtà in movimento, in un processo continuo di integrazione e di allargamento che oggi si confronta con realtà come quella dell’immigrazione. Questo 150° anniversario ha mostrato il bisogno di ritrovarsi insieme come comunità e il bisogno di simboli e istituzioni che rappresentino tutti, al di là di particolarismi e conflitti.
Intervento di Massimo D'Alema